giovedì 17 luglio 2008
E' bello penne al filo della vita
ieri sera testaccina in un momento di overdose di pastella;
Prima dell'ora del teatro cercavo come un segucio monco i suppli pe i Prati (nel senso del quartiere); nun ce se ragiona piu' co quelli de quer posto;
non c'è romano che tiene botta, so tutti fiji de na mignotta;
nel senso buono; tipo siciliani calabresi, collusi col meridione, che trattano Roma come una regione; io perdo l'appetito e la ragione; non me da il nero de seppia; voglio un supplì che è sta robba qui? non te lo fanno. niente; c'abbiamo le arancina. Con la A.
Porca troia vado a teatro che poi non è un teatro a vedere una cosa con dentro Stefano Fresi.
Che è un attore bravo , un uomo de sostanza, chi lo conosce lo sa, uno che musica col cane che gli fa da coro; uno col maggiolone quello vecchio, che promette eleganza e decoro.
La scoperta dell'america all'antica osteria; spettacolo musicale in 2 tempi di Attilio Corsini liberamente tratto da un copione di Pascarella; con Corsini, Stefano Messina, Annalisa Favetti, Roberto Della Casa (come il vino) e il trio Favete Lingus( Stefano Fresi, Emanuela Fresi e Antonio Fornari). Si sta tutti insieme in mezzo alla piazza de Testaccio, quella davanti al Teatro Vittoria; e io de solito odio gli attori quando te se mettono tra i piedi, e te vogliono coinvolge, invece qui li vai a cercare, che ti pare di sta dentro un posto pure tuo, e allora tanto vale che me parli da vicino, che non c'è il distacco, non c'è nessuno smacco ad avecce il posto riservato, qui chi primo arriva sta bello comodo e beato. c'è profumo di pini mai tagliati, vino bianco direttamente sui tavolacci, neanche una zanzara per dirla tutta, e misticanze di attori, musici e poeti, come il mio amico Aprea che alla fine si emoziona e dice della tenerezza del luogo, di questa sana romanità fatta nostalgia, fatta apposta per far cantare e ridere quelli che a teatro ingessati e seduti non ce li vedi mai; Che se devono agità, che altrimenti che campi a fa.
Pensavo meglio della vita in genere, eppure qui mi riconcilio, che a quello serve il vino e le facce della gente; tutti in equilibrio precario, eppure faccio caso a questa cosa che Roma mi appartiene, con i vocalizzi, le rime baciate, cerco di ricordarmi da che parte si mette l'accento per dì le cose che me piace dì, pe fa le cose che me piace fa.
E' tutto vero.
Poi se vedo il Fresi fa le serenate, me viene in mente una cosa che se potrebbe fare dentro un condominio in cui il portiere è lo stesso di prima, quello riccioletto che balla il tango quando puede. Una cosa Trash che diventerebbe Cult. Vero Alè?
Se campa appesi a un filo, non se scampa,
però per carità
non lo tirate troppo che se strappa
lassateve portà
perchè da un filo messo a pendolone
che va de qua e dellà
seppure nun te spieghi la ragione
è bello dondolà
è bello penne al filo della vita
perchè se sai campà
un attimo che passa de sfuggita
è già un eternità
se dondola, se dondola
se va de qua e dellà
ma un attimo che passa
è già un eternità.
( da "i sette re di Roma" Luigi Magni)
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5 commenti:
A spregè come sei nostalgico e verace.
è bello penne al filo della vita...
grande Luigi Magni
sei squilibrato. mo Che è l'overdose de pastella?
talmente cult che giusti ce viene a chiede l'autografo insieme a sandy marton e amanda lear
po esse cara identity
e la rettore che se taja le vene se j'avanzano le lamette usate che je lasciamo noi
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